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Chirurgia coronarica

Il bypass aorto-coronarico (CABG) è una delle procedure chirurgiche di maggior successo a livello mondiale. Nonostante gli straordinari progressi degli interventi coronarici percutanei (PCI), cioè l’angioplastica coronarica (PTCA) e l’impianto di stent (in particolare nella sindrome coronarica acuta / infarto miocardico), la chirurgia coronarica rimane un caposaldo nel trattamento della malattia coronarica avanzata.

Le indicazioni e la scelta della procedura più adatta per il singolo paziente sono discusse all’interno di un Heart Team interdisciplinare, che comprende cardiologi, cardiologi interventisti e cardiochirurghi. Queste valutazioni collegiali possono aver luogo durante l’esame di angiografia coronarica, se necessario, convocando i cardiochirurghi nella sala di cateterismo, oppure in modo più strutturato in occasione del Heart Team Meeting settimanale.

Sebbene tutte le operazioni di bypass siano indicate nello stesso modo, cioè CABG, la pianificazione chirurgica e il processo decisionale sono altamente personalizzati e adattati alle esigenze di ogni singolo paziente. Molti sono i fattori specifici presi in considerazione: età, sesso, stato attuale di salute, altre malattie coesistenti, anatomia precisa delle arterie coronarie e tipologia delle lesioni. In generale, viene fortemente privilegiato l’uso di quanti più innesti arteriosi possibile (arterie mammarie, arterie radiali), tanto che la nostra percentuale di utilizzo di più di un innesto arterioso risulta superiore alla media europea, ed è in continua crescita. Tuttavia, caratteristiche anatomiche e considerazioni di carattere medico possono condurre alla scelta di utilizzare innesti venosi in aggiunta all’arteria mammaria sinistra (che viene sempre innestata). Tali condizioni possono essere, ad esempio, la presenza di stenosi non critiche ma significative nei rami delle arterie coronarie secondarie, o diabete mellito mal controllato e/o obesità e/o arteriopatia periferica. Per contrastare il principale inconveniente degli innesti venosi, vale a dire l’alta percentuale di bypass malati o occlusi a distanza di 10-15 anni, in collaborazione con altri centri in Europa e negli Stati Uniti stiamo partecipando a studi clinici finalizzati all’individuazione di trattamenti specifici da combinare all’innesto venoso per migliorarne la resistenza alla malattia nel lungo periodo.
Nella maggior parte dei pazienti, la chirurgia coronarica viene eseguita attraverso l’apertura longitudinale dello sterno per avere accesso al cuore (sternotomia mediana).

Normalmente queste operazioni vengono eseguite utilizzando la macchina cuore-polmone, sia a cuore fermo, sia a cuore battente (“On pump coronary bypass” ONCAB). Quando indicato, viene adottata la cosiddetta chirurgia “off pump” (OPCAB), vale a dire senza circolazione extracorporea. In pazienti selezionati, l’intervento chirurgico può infine essere eseguito con una tecnica mini-invasiva (chiamata MIDCAB), vale a dire attraverso una piccola incisione praticata a livello della parete laterale sinistra del torace (mini-toracotomia sinistra) senza l’impiego della macchina cuore-polmone.

Tra gli aspetti più importanti della nostra pianificazione chirurgica è la prevenzione delle complicanze durante e dopo la chirurgia coronarica, come eventi avversi neurologici, occlusione acuta del bypass e infezioni della ferita chirurgica.

Per ridurre o prevenire eventi avversi neurologici (ictus) esistono diverse tecniche chirurgiche, che fanno tutte parte delle nostre dotazioni. Tra esse, un’attenta valutazione del tratto aortico a cui vengono collegati i bypass, mediante monitoraggio ecocardiografico del vaso durante l’intervento chirurgico; la riduzione della sua manipolazione mediante l’impiego di dispositivi specifici (Heartstring, PAS-Port); l’utilizzo di innesti arteriosi compositi per evitare qualsiasi necessità di manipolare l’aorta.

Durante l’intervento, tutti gli innesti vengono attentamente valutati mediante misurazione in tempo reale del flusso sanguigno e se necessario rivisti. Questa strategia ci consente di contrastare tempestivamente situazioni avverse che potrebbero portare a un malfunzionamento o addirittura all’occlusione acuta del bypass.

Le infezioni delle ferite sono una nota complicazione successiva all’intervento coronarico. Un fattore specifico che aumenta le probabilità di infezioni della ferita sternale è il ridotto afflusso sanguigno allo sterno, che si verifica quando una o entrambe le arterie mammarie vengono utilizzate come bypass. Per prevenire e ridurre queste complicazioni sono in corso programmi attivi di prevenzione e sorveglianza, concepiti ed eseguiti da una propria task force interdisciplinare e supervisionati da Swissnoso. In questa prospettiva, chiediamo ai nostri pazienti di aiutarci in uno sforzo comune, attenendosi alle misure raccomandate in preparazione del loro ricovero in chirurgia.

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Prof. Dr. med. Stefanos Demertzis
Primario Cardiochirurgia

Direttore Scientifico